La Corte Europea di Giustizia si è pronunciata sull’ IVA da applicare sugli eBook i così detti “libri digitali”, in quanto non sono da considerarsi da libri, ma dei servizi e quindi non soggetti alla riduzione dell’IVA al 4%. Di conseguenza L’imposta sugli eBook, deve essere del 22%.
I giudici, hanno sostenuto che se l’IVA sui libri digitali fosse al 4% vi sarebbe disparità di trattamento con altre tipologie di servizi. Vedremo come va a finire.
A dicembre la Commissione Europea sostenne il contrario cioè che non vi era differenza fra libro cartaceo e libro digitale.
C’è comunque da sottolineare che molti esperti del settore editoriale hanno da sempre sostenuto che il vero libro è solo quello stampato e scritto su supporto cartaceo o supporto similare.
In definitiva l’eBook non è un libro è un testo memorizzato in forma digitale.
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LEGGERE… Ô NÒ LEGERE!!!
Seppur il titolo sia sol provocatorio, l’essenza del delir va oltre!
“To be, or not to be” scrisse William Shakespeare, nell’originale frase che viene pronunciata dal principe Amleto all’inizio del monologo che apre la prima scena del terzo atto della omonima tragedia.
Ovvero, tradotto in italiano: «Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire… nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere. È questo lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quietanza con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione.»
Rileggere questo famosissimo monologo penso possa sempre far piacere. Dopo questa succulenta e un po’ goliardica introduzione, or mi sovviene una riflessione: “Ma a fronte di italiani che leggono poco, William Shakespeare avrebbe forse scritto: «Leggere o non leggere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente subir colpi di penna o i dardi dell’oltraggiosa scrittura o prendere le armi contro un mare di asini e, contrastandoli, porre loro fine sui banchi? Scrivere, leggere…»” (Non allarmatevi, non ho preso un colpo di sole e neppur ho ingurgitato birra a fiumi).
Veniamo al dunque: non bastava fossimo quelli che non leggono, adesso siamo diventati anche quelli che non sanno scrivere? Ma questo sarà oggetto di altro articolo.
Spesso si sente dire che noi italiani leggiamo poco o non leggiamo affatto. Se stiamo alle statistiche di questi giorni il 60% di noi non leggerebbe neppure un libro all’anno e, del restante 40% solo una minima parte leggerebbe almeno un libro all’anno. I numeri sono poco incoraggianti, specialmente per chi scrive o pubblica libri.
Altri sostengono che in Italia vengono prodotti oltre 700.000 manoscritti all’anno e che di questi solo una minima parte raggiunga la pubblicazione. C’è chi sostiene che i titoli pubblicati siano 70.000, chi afferma poco più del doppio.
Considerato che i canali di pubblicazione sono molteplici, a mio avviso le suddette cifre sono approssimative, in quanto si va dai volumi cartacei provvisti di codici ISBN, agli eBook anch’essi provvisti di codice (di cui si ha certezza), a tutta una marea di pubblicazioni eBook sui Social o sulle piattaforme di scrittura condivisa e/o di selfpublishing.
A conti fatti forse non è del tutto vero che la gente legga di meno. Certo non legge in modo tradizionale, e di conseguenza si vendono meno: libri, quotidiani, riviste, ma penso che ancora si legga.
Non dobbiamo neppure sottovalutare la buona volontà di chi scrive, pur avendo basi e padronanza della lingua italiana modeste e che corrono sempre il rischio di incorrere in orrori di vario genere! Incoraggiamoli, non umiliamoli, come invece di istruire sono portati a fare i Soloni… … A Napoli direbbero: “Nessuno nasce imparato…”.
Gabriele Mercati febbraio 2017
Se vi è piaciuto l’articolo e avete un attimo di tempo, visitate il mio catalogo libri, forse c’è qualcosa che v’intriga!!! CATALOGO LIBRI
Da “PENSIERI DI BAMBINA” di Caterina Moscini
RIFLESSIONE di Caterina Moscini
Scrivere un libro per bambini alla mia età ha un significato profondo, almeno per me che ho vissuto oltre quarant’anni della mia vita nella scuola. Non deve sembrare un’operazione qualsiasi, quanto il desiderio di lasciare una traccia nel nuovo, una traccia che non sia quella della vecchia maestra superata per età ed esperienze nuove, bensì quella della guida che ha percorso tanta strada e ora è arricchita da conoscenze, esperienze importanti e da intuito professionale vivo. Scrivere letture per bambini o per ragazzi è una vocazione, secondo me, che permette alle nuove generazioni di giovarne … “è una narrazione tenera, di luoghi, sapori, volti, palpitazioni di sentire ancora sconosciuti: con dolcezza la scrittrice accompagna i lettori in un modo semplice di avvenimenti piccoli, ma unici e preziosi”…sostiene la Dott..ssa Lorena Giorgi che ne ha curato la prefazione. PENSIERI DI BAMBINA è il libro per bambini e per grandi, che riempie di luce, magia e leggerezza le ore di alcune giornate cupe della modernità; inoltre ricorda che è stato possibile , non troppo tempo fa, “formare” persone umanamente complete di valori essenziali che si basavano su cose semplici ma non superficiali.Questa è la missione vera del libro.
Un breve estratto da “PENSIERI DI BAMBINA”
“…Così ha inizio il rituale del travestimento; la zia Vittoria mi veste con gli abiti più impensati. Uno scialle nero della nonna, ricamato a fiori di campo, dalle frange lunghe di seta, si trasforma magicamente nell’abito più elegante e sontuoso, mentre mi avvolge a più giri il punto vita. Un grembiulino da cucina di lino bianco contornato di merletto raffinato si trasforma in una romantica blusa con gli sbuffi intorno al collo. Una collana di corallo rosso fiammante, segnata dal tempo e dal tarlo e appoggiata a doppio giro sul mio piccolo seno, ravviva e dà tono al personaggio appena creato…”
Gabriele Mercati Editore
Pubblicazioni:
Intervista rilasciata al Blog “ODI LETTERARI “
Cose d’altri tempi “La macchinetta del Flit”
Chi come me è nato negli anni quaranta o cinquanta certamente la ricordà. Era una pompetta che serviva per spruzzare l’insetticida contro mosche, zanzare, pidocchi e altri insetti fastidiosi o dannosi.
Quella della foto è marchiata D.D.T. l’utilissimo, ma altrettanto pericoloso Dicloro-Difenil-Tricloroetano sigla (DDT).
Il chimico austriaco Othmar Zeidler, lo sintetizzo nel lontano 1873, mentre nel 1939 il chimico svizzero Paul Hermann Müller alla ricerca di un insetticida contro i pidocchi, ne scopri l’efficacia contro questi parassiti. Questa scoperta nel 1948 gli valse il premio Nobel per la medicina.

macchinetta del flit
Il DDT è una sostanza cristallina incolore, insolubile in acqua, mentre lo è in solventi e sostanze oleose. In Italia generalmente veniva commercializzato con il nome “Flit”, anche se potevano essere presenti anche altri marchi. Dagli anni 40, ma in special modo degli anni 50 e 60 se ne fece grande uso per combattere la zanzara anofele responsabile della trasmissione di malaria e tifo. Con l’uso di questo insetticida in Europa e Nord America è stata debellata la malaria responsabile fino agli anni 50 di molte morti. Dal 1945 venne massicciamente impiegato anche come insetticida in agricoltura e questo provocò un forte impatto ambientale, in quanto questa sostanza è molto persistente e si accumula nel terreno, restandovi per decenni. Il DDT può essere dannoso per molte specie di pesci e di piccoli animali alla base della catena alimentare. Alla fine degli anni sessanta si iniziò a sospettare che potesse essere cancerogeno e nel 1972 negli U.S.A. ne venne proibito l’utilizzo. In Italia venne messo al bando nel 1978. Purtroppo in Asia, Africa e Sud America la malaria colpisce ancora, si stima che ogni anno le persone contagiate siano diversi milioni. In queste zone il DDT viene ancora utilizzato, ma con interventi mirati e sotto il controllo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Recenti studi porterebbero a ritenere che non sia cancerogeno per l’uomo, questa è
Per molti di noi la macchinetta del Flit, ci riporta romanticamente a momenti della nostra giovinezza. Non possiamo dire altrettanto per il DDT del quale probabilmente non si è scoperto ancora tutto.
Cose d’altri tempi “Storia del caffè”

Antico Macinino
Il macinino del caffè e la vecchia caffettiera.
Sulla sinistra della foto e rappresentato un vecchio macinino per il caffè, un oggetto un tempo utilizzato dalle nostre nonne. Sulla destra vediamo una caffettiera in ottone di fattura Araba. Gli Arabi ebbero un ruolo essenziale nella diffusione del caffè nel mondo.
Il macinino a mano e la vecchia cuccuma, per le nostre zone sono oggetti ormai sorpassati. Adesso i macinini sono elettrici, la caffettiera è stata sostituita dalle macchine espresso.

vacchia caffettiera
Oggi dì specialmente per usi casalinghi, si sta passano alle macchine espresso utilizzano le capsule con dentro la giusta dose di caffè macinato. Non dobbiamo però dimenticare la vecchia napoletana e la gloriosa moka. Per giungere a tutto questo il percorso è stato lungo ed è interessante ricordarne la leggenda.
La scoperta del caffè si fa risalire a circa 1500 anni fa. Si racconta che in Etiopia un novizio di un monastero Copto, addetto alla custodia di un gregge di capre, mentre gli animali stavano pascolando si addormentò. Al suo risveglio le capre erano sparite. Egli si mise alla ricerca seguendo le tracce, era ormai notte fonda quando le ritrovo intente a brucare da alcuni cespugli delle strane bacche rosse. Constatò che gli animali erano più vivaci e con difficoltà riuscì a distoglierli da quel pasto. Temendo che il Priore del convento gli infliggesse una severa punizione, decise di raccogliere alcuni di quei frutti, in quando in qualche modo doveva giustificarsi. Il Priore dopo una bella lavata di testa gli disse di consegnare quelle bacche al frate erborista. Questi, alcuni giorni dopo, verificato che le capre non erano morte, anzi appena libere si avviavano in direzione della zona dove crescevano quei misteriosi cespugli, stabilì che quelle drupe dovevano essere commestibili. Incuriosito ne assaggio alcune trovandole così disgustose che con stizza le gettò sul fuoco.
Al contatto con la brace le bacche iniziarono ad emanare un profumo gradevole che stuzzicava le narici. Dopo vari tentativi e solo nel 1200 gli Arabi scoprirono che a provocare quel invitante aroma era la parte interna della bacca, cioè il seme. Così venne in uso tostare e frantumare il chicco per poi metterlo a bollire in acqua. Era nato il caffè! Per alcuni secoli Yemen e Arabia detennero il monopolio del caffè, però nel 1600 un esploratore indiano riuscì a trafugare alcune bacche di caffè e a impiantare una produzione in India. In seguito in Africa vennero scoperte anche altre varietà. Oggi la produzione di caffè si è sviluppata in varie zone calde del mondo. Il termine “Caffè” sembra derivi dal Turco “kahwe”, altri sostengono che deriva da “Caffa” nome della zona dell’Etiopia dove gli arbusti crescevano spontanei.
Esistono varie varietà di caffè le più conosciute sono: Arabica, Robusta, Excelsa, Liberica, Rio e tante altre ancora.
Ci vollero alcuni secoli prima che la bevanda giungesse in Europa. Si dice che ad introdurla, intorno al 1570, siano stati i Veneziani. Nel 1700 la repubblica di Venezia contava oltre 200 locali che servivano caffè.
La mia miscoscopica casa editrice sta per iniziare la sua attività.
Il sito è in costruzione quindi non pretendete di trovarci chissà ché.
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Fra qualche giorno sarò operativo come casa editrice, non ho grandi pretese, ma intendo lavorare in sinergia con gli autori che si affideranno a me. Occorrerà tagliare i rami secchi, ovvero la tradizionale figura del Distributore che, privilegia solo i grossi gruppi Editoriali, a discapito dei piccoli. Questa figura un tempo basilare, con l’avvento di Internet a mio modesto avviso è divenuta superflua o quasi per i piccoli (sembrerà un controsenso, ma pensateci bene….),
Per favorire i lettori occorre contenete i costi del prodotto Libro, quindi qualcosa va eliminato ed entra in uso il termine “Filiera Corta”.
Io nel mio piccolo cercherò di eliminare il Distributore classico a favore di Distributori dinamici e moderni che fanno grande uso della rete. Ogni tanto un pazzo ci vuole….
Qualcuno potrebbe dire eliminiamo tutti i soggetti intermedi ed autopubblichiamo su eBook, perfetto trovato l’arcano…risolto il problema. Magari fosse così semplice, difatti anche la rete è inflazionata di titoli. Quindi… BOH!!!! che si fa???
Io amo ancora il cartaceo che è il vero LIBRO. Gli esperti mondiali dicono che l’eBook non sia un libro, ma un testo su supporto elettronico volattile, vedete voi…..
Con questo articolo sono conscio di provocare un vespaio, ma mi prude la lingua, anzi mi fremono le dita sulla tastiera …
Se qualcuno vorrà contatarmi per proporre un manoscritto lo analizzo, pertanto contattatemi via email proponendo prima breve sinossi, corredata breve curriculum.
email: vino_s@hotmail.com